Global Trends & Security Politica internazionale e Sicurezza, di Germana Tappero Merlo
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Dugin, sacralità e potere del Grande Risveglio, 22/8/2022

Dugin, sacralità e potere del Grande Risveglio, 22/8/2022 - Global Trends & Security

Non è affatto inusuale imbattersi in riferimenti al pensiero del filosofo russo ultranazionalista  Alexandr Dugin mentre si analizzano testi e dichiarazioni  dell’alt-right statunitense, o di gruppi suprematisti di varia collocazione ideologica, come di quelli propri alla cerchia personale dell’ex presidente Trump. Mi è capitato così che, come analista di fenomeni eversivi estremisti transnazionali, per comprendere meglio approcci e operatività di tutti costoro, fra  affinità e differenze culturali, propaganda ed azione, abbia dovuto affrontare parecchie letture, alquanto complesse, dei saggi di questo filosofo, conosciuto alla massa dei media occidentali solo dallo scoppio dell’operazione speciale di Putin in Ucraina, di cui ora affermano,  con esagerata ed errata convinzione, ne sia stato il grande ispiratore. Dugin è conosciuto certamente come filosofo e geopolitico, fra i sostenitori dell’Euroasiatismo[1], la cui origine è però antecedente la sua apparizione sulla scena politica russa, e al destino di nuova potenza imperiale che gli riserva; ma Dugin spazia  altresì su innumerevoli fronti differenti.

Dugin ha infatti una storia personale, soprattutto culturale, molto articolata, non riassumibile in poche righe se non con il rischio di banalizzarne il pensiero e la portata e che si muove, in particolare, da  René Guénon (1886-1951)  ad Julius Evola (1898-1974), entrambi scrittori, filosofi ed esoteristi, promotori, fra gli altri, di un Tradizionalismo militante ,da contrapporre al Modernismo imperante, e accolto pienamente da Dugin, a cui ha aggiunto una buona dose del pensiero di Martin Heidegger (1889-1976).  

Nella storia personale di Dugin vi sono un passato da militante anti-sovietico e  prese di posizione  fra il reazionario neonazista e al contempo comunista,  in quel  mix di estremi e contraddizioni  proprie di quelle che Herman Hesse, in un saggio su Dostoevskij, descrisse per l’Uomo Russo, quello strano personaggio che  non è solo  isterico, alcolizzato, criminale, poeta o santo ma “la simultanea combinazione di tutte queste caratteristiche”. Dugin appare infatti così, dove “bene e male, esteriore e interiore, Dio e Satana vivono a stretto contatto” [2].

Ha infatti coniugato, sin dai suoi esordi, posizioni di un’estrema destra  reazionaria con l’ esoterismo sino all’occultismo[3], combinando il Tradizionalismo di Guénon e l’apoliteia di Evola ai  postulati della Chiesa  ortodossa russa, quella più tradizionale a cui appartiene fra le fila dei c.d. Vecchi Credenti, un movimento che ripropone ed esercita i rituali e le pratiche antecedenti le riforme del XVII secolo. Da qui anche il suo proporsi con una lunga barba e abbigliamento  propri del mondo rurale, quello più osservante quella corrente religiosa. Un’identità religiosa, quindi, che emerge come dominante ma che è  un tutt’uno con l’appartenenza etnica al popolo russo, da cui  un profondo sentimento sciovinistico.  Dugin afferma, infatti, di sentire tutto ciò, in particolare il concetto di “popolo”,  fortemente posto in pericolo da una cultura di massa, postmoderna e di stampo statunitense,  incentrata sull’esasperazione dell’individualità  (individuum) e con meccanismi economici e sociali di divisione (dividuum) a sfavore delle collettività originali e tradizionali;  a tutto ciò è necessario, quindi, opporsi anche attraverso una guerra.  Il richiamo all’azione ha così, per Dugin, forti toni identitari,   addirittura esoterici. 

Perché in fondo, secondo il filosofo russo, gli Stati Uniti e la loro idea egemone di Modernità, che ha portato all’imposizione di una tecnocrazia a vocazione globale, sono il vero nemico, il Satana contro cui opporsi, contro cui combattere una sorta di ‘guerra santa’,  sebbene  evidenzi  la portata positiva di eccezionalità proprie degli Stati Uniti,  come l’esperienza di Donald Trump ed, egli spera, del trumpismo che gli sopravviverà. Riconosce, infatti, all’ex presidente il ruolo di combattente contro le élite liberali a salvaguardia degli interessi del vero popolo americano, quello che lo ha sostenuto e ancora lo sostiene e che, non a caso, appartiene al ceto medio e al profondo mondo rurale sacrificato, dimenticato ed umiliato dai poteri forti. Sovente, infatti, Dugin, come esempio di ignoranza e prepotente arroganza del potere, accenna al commento “basket of deplorables” e i contenuti dispregiativi usati da Hillary Clinton nella campagna per le presidenziali del 2016  per descrivere i sostenitori di Trump[4]. Toni che ancora infiammano i sentimenti dei veri patrioti americani, difensori di un’identità che ha adottato i trumpiani American First e Make America Great Again non solo come slogan di campagne politiche ma come filosofia di vita, al costo anche di azioni violente e uniche nella storia statunitense, come lo è stato  l’assalto del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill, sino ad auspicare  addirittura una nuova Guerra Civile.

Dugin amplia così i suoi spazi di riflessione e d’azione ben oltre la sua Russia, opponendo un articolato pensiero contro il  crudele  annientamento di  tutte quelle identità che siano differenti da quelle conformi agli interessi delle  élite dominanti, con il conseguente rischio della scomparsa di intere collettività difformi dagli standard imposti dal liberalismo statunitense, con le  loro relative  ricchezze culturali e le potenzialità economiche, sociali e religiose. 

E’ uno studioso anche dei meccanismi cospirativi, ne conosce l’importanza come  del ruolo delle informazioni, conscio che la “verità di un’affermazione non è più  importante, in quanto quello che conta è la sua efficacia”. “Il complottismo è la malattia infantile dell’antiglobalismo” afferma Dugin, ma è altresì conscio  che sia parte iniziale di un processo storico fondamentale. Approccio e  convinzione che, anche in questo caso, Dugin condivide con la cultura del cospirazionismo propria di un Steve Bannon  e di un Donald Trump. 

L’obiettivo finale che accomuna tutti questi soggetti fautori del cospirazionismo,  e dove ben si inserisce il pensiero di Dugin, è il contrasto alla sinarchia, quel governo totale posto in essere da soggetti o ‘agenti’  a sfavore della singolarità di ogni Stato (e l’ Unione Europea, per il filosofo russo, ne è un esempio) perché al servizio di una ristretta élite capitalista, principalmente statunitense e anglosassone, in grado di trasformare l’intero pianeta in un enorme mercato, appiattendo popoli e culture, cancellandone differenze culturali e religiose, riducendo  così l’intera razza umana in una massa uniforme di consumatori. In pratica, è la globalizzazione che, per Dugin, è oramai una ideologia, quel globalismo  ora entrato in una fase totalitaria tramite il Great Reset della presidenza Biden[5], a cui opporre un “Grande Risveglio”, quello, guarda caso, proposto da Alex Jones, il “grande complottista d’America”, e poi ripreso e rilanciato dagli attivisti di QAnon[6]. In pratica, è prendere consapevolezza di essere prossimi alla fine imminente, da cui - e Dugin e tutti costoro se l’auspicano -  lo scoppio di una rivolta contro le élite al potere da parte di una umanità illuminata. Ebbene, a capo di questa rivolta, inutile dirlo, Dugin pone la sua Russia e, a tratti e non sempre con convinzione, il suo Presidente Vladimir Putin[7].

Nel pensiero di Dugin, quindi, non è affatto estraneo  un richiamo salvifico per l’umanità intera, soggiogata alla logica del liberalismo che, da decenni, opera per liberare l’individuo da ogni forma di identità collettiva:  spetta ora alla Russia riprendere in mano le sue sorti e scrollarsi di dosso un dominio straniero imposto ad essa e al mondo intero e, di certo, non voluto. Questo è parte del complesso messaggio del filosofo Alexander Dugin che conta nemici anche interni alla sua stessa Russia se, come sta emergendo in queste ore, sarà confermato che i mandanti dell’attentato in cui è rimasta vittima sua figlia Darya, sono riferibili a elementi dell’Esercito Repubblicano Nazionale, un movimento di “partigiani” contrari a Putin e alla sua avventura bellica in Ucraina. Insomma, terrorismo interno, anche se la notizia è stata divulgata  da un ex parlamentare russo dissidente ora cittadino ucraino[8]. Si tratta di indiscrezioni, ipotesi, nulla di verificato al momento dalle indagini. Di certo supposizioni che appartengono alla sfera degli oscuri complotti,  sovente irrisolti, orditi contro la genuina volontà popolare di cui Dugin è stato ed è un sacro difensore e, al contempo, testimonianza vigorosamente critica.

 



[1] https://www.laportadivetro.org/uccisa-in-un-attentato-a-mosca-la-figlia-di-aleksandr-dugin/

[2] G. Lachman, La stella nera. Magia e potere nell’era di Trump, Edizioni Tlon, 2019, p. 243.

[3] M. Laruelle, An Ideology of Empire, John Hopkins University Press, 2008, p. 122.

[4] https://time.com/4486502/hillary-clinton-basket-of-deplorables-transcript/

[5] A.Dugin, Contro il Grande Reset. Manifesto del Grande Risveglio, AGA Editrice 2022.

[6] G. Tappero Merlo, Dalla paura all’odio.Terrorismo, estremismo  e cospirazionismo, Tangram Edizioni Scientifiche, 2022, pp. 259-264.

[7] A. Dugin, Puntin contro Putin, AGA Editrice, 2018.

[8] https://www.theguardian.com/world/2022/aug/21/ex-russian-mp-claims-russian-partisans-responsible-for-moscow-car-bomb

 

 

La Porta di Vetro

Chi sono

Chi sono - Global Trends & Security

Analista di politica e sicurezza internazionale, opero attualmente presso enti privati in Israele, Giordania, Stati Uniti e Venezuela. Ho svolto attività di consulenza sul terrorismo per organismi governativi e privati in Libano, Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Libia, Tunisia, Niger, Messico e Brasile.

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18 febbraio 2022. Uscita del mio volume "Dalla paura all'odio. Terrorismo, estremismo e cospirazionismo", Tangram Edizioni Scientifiche. Trento. " Il volume è il risultato di analisi e operatività sul campo che l’autrice ha condotto negli ultimi due anni circa fenomeni globali legati all’eversione e al terrorismo, sia di matrice islamista jihadista che dell’ultradestra violenta. Vengono analizzati soggetti e dottrine in un contesto di evoluzione delle relazioni internazionali e dei nuovi conflitti ibridi e identitari, in cui il terrorismo è tattica dominante. Sono inoltre delineati i processi, personali e collettivi, di radicalizzazione sia religiosa che politica, da cui derivano educazione e cultura alla violenza. Queste ultime acquisiscono un ampio pubblico attraverso la rete internet, anche nei suoi meandri più oscuri e tramite forme di comunicazione, qui analizzate, che trovano ampio utilizzo da parte delle nuove generazioni di nativi digitali. A ciò si sono aggiunti i toni aggressivi delle più recenti narrazioni cospirazioniste, originate sia da eventi interni a Stati democratici occidentali che da quelli emergenziali da pandemia. A vent’anni dalla paura del terrore proprio dell’11 settembre 2001, si sta procedendo velocemente, quindi, verso un livore generalizzato, a tratti vero e proprio odio, da cui una cultura di violenza politica dai legami transnazionali e che mira all’eversione, con i relativi rischi per la sicurezza nazionale."

  • 24/03/2023 01:25 pm
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