Global Trends & Security Politica internazionale e Sicurezza, di Germana Tappero Merlo
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Generazioni perdute: bambini devastati dalle guerre, 28/10/2020

Generazioni perdute: bambini devastati dalle guerre, 28/10/2020 - Global Trends & Security

Poche cose scatenano più indignazione e al contempo tanta retorica quanto la violenza sui minori, la loro sofferenza, la loro morte. Eppure, una volta espresse, il destino di chi sopravvive a quegli orrori non è più oggetto di interesse, tranne poi  risvegliarsi dal torpore  e mostrare momentanea riprovazione all’ennesimo fatto di sangue.

Se poi quelle giovanissime vittime patiscono di una realtà irrimediabilmente compromessa da anni, o addirittura da decenni di  una guerra che pare infinita, sopraggiungono nell’osservatore, per lo più se lontano,   l’assuefazione a quella violenza e l’adattamento cinico a quanto accaduto. Il tutto viene quindi vissuto come un remoto fatto di cronaca, e l’indifferenza e l’oblio sopraggiungono rapidi.

Eppure, proprio in questi giorni e nelle ultime ore, nel vivo del dibattito sul difficile percorso scolastico dei nostri ragazzi penalizzati nell’istruzione regolare per via della pandemia, incorro in alcune tragiche notizie circa loro coetanei altrove nel  mondo: un attentato con bomba fra gli studenti di una madrasa, o scuola coranica, in Peshawar, con l’uccisione di 7 ragazzi e il ferimento di oltre un centinaio;  la morte, una settimana prima, di adolescenti, sempre in una madrasa, nel nord dell’Afghanistan e, fra le ultime notizie, la strage, a colpi di machete, in una scuola nel Camerun sud-occidentale, di 8 bambini di un’età compresa dai 6 ai 12 anni. Per la prima strage  non vi sarebbero ancora rivendicazioni ufficiali. In Afghanistan, invece, si sarebbe trattato di una ritorsione delle forze regolari contro i talebani dopo l’uccisione, in un attentato, di 40 commilitoni; per l’ultima carneficina, invece, la  chiara  attribuzione al gruppo jihadista Boko Haram, fedele al sedicente Stato Islamico, solo perché quella piccola comunità camerunense è restia a sottostare al suo dominio e alla sharia. Una pretesa violenta e sanguinaria che si insinua e sfrutta la rivalità, riemersa prepotente negli ultimi 3 anni, fra la comunità anglofona, a cui appartengono frange estreme con pretese separatiste, e quella francofona, maggioritaria in Camerun.

In tutti quei luoghi, come in numerosi altri, quella violenza non è l’eccezionalità ma, da tanto tempo, la  consuetudine.

Già nel 1999, un rapporto di Amnesty International, denunciava la sofferenza delle giovani vittime afghane di quella guerra che durava  da quasi due decenni, e di quelle generazioni che definiva ‘irrimediabilmente perdute’.

Non si trattava solo di impossibilità a frequentare scuole e vivere dignitosamente la propria infanzia ed adolescenza. La guerra porta sempre devastazioni e fame, e così vi erano  giovanissime vittime di malnutrizione e malattie: già allora, in due decenni, oltre 4 milioni di ragazzi, di cui circa 270mila sotto i 5 anni, morti di polmoniti e innumerevoli tipi di infezioni, anche per carenze di strutture sanitarie. Si parlava di quanti erano già  morti per via dei bombardamenti indiscriminati sui civili o a causa delle mine antiuomo.  Ma ancor più, il rapporto evidenziava  la tragica sorte di coloro che erano sopravvissuti ma abusati in violenze sessuali e torture, sovente per mano di capi di milizie armate, di cui giovani ragazze, a volte bambine, che sarebbero state così ripudiate dalla propria comunità e  destinate a vita alla prostituzione. Erano i ‘children devasted by war’, quei bambini che, se sopravvissuti al conflitto, sarebbero stati così deturpati nel fisico e nell’animo perchè imbruttiti dalla  violenza, da perpetuarla nelle generazioni future. Ebbene, a oltre vent’anni da quel rapporto, nulla pare cambiato nelle cronache provenienti da quella piccola fetta  di mondo. Al contrario.

Quel modello si è andato ampliando a tutti gli scenari di guerre e i loro differenti livelli di conflittualità. Sono le cronache, di cui abbiamo letto e sentito ampiamente in questi ultimi anni, e provenienti dall’ Iraq, Siria, Kurdistan e ancora più recentemente dallo Yemen così come, appunto, da quelle regioni devastate dalla presenza di gruppi jihadisti, sui quali spicca per crudeltà Boko Haram. La sua violenza ai danni di  villaggi del Nord-Est della Nigeria,  del Lago Chad  e dei Paesi confinanti è sanguinaria cronaca quotidiana, continua e implacabile: le vittime preferite sono proprio i giovani, tanto che si stima vi siano 1,4 milioni di bambini/adolescenti profughi da quelle regioni.

Attacchi indiscriminati, estremismo ideologico (da cui l’indottrinamento forzato al radicalismo islamico) e devastazione di villaggi, scuole e ospedali, sono gli strumenti preferiti ormai da oltre un decennio da Boko Haram, il cui nome significa  ‘l’istruzione occidentale è proibita’. Ecco del perché di quelle giovani vittime.  Boko Haram, già artefice  nel 2014 del  rapimento di  275 ragazze per convertirle all’Islam radicale,  è responsabile della maggior parte delle circa 1500 vittime di terrorismo certificate dalle agenzie delle Nazioni Unite negli ultimi anni nella regione in cui il gruppo opera. Fra i suoi metodi domina l’attacco suicida. Di 700  azioni  kamikaze attribuite a Boko Haram, 130 sono  state compiute da adolescenti e da giovanissimi, addirittura ‘underage bombers’, ossia sotto i 7 anni di età.

Il reclutamento, se così si può chiamare, avviene per rapimento delle giovani vittime, con anche le loro madri, la cui sorte è già segnata come schiave del sesso e prostituzione.

Sovente all’indottrinamento, all’adesione forzata all’Islam radicale, alla sharia e ancor più  all’uso delle armi, ai giovani maschi  viene imposta una ‘perversa azione educatrice’ alla violenza sessuale: si insegna come rapire e violentare giovani donne, a volte con il capo banda che impartisce lezioni ed agisce direttamente sulle vittime, in una macabra dimostrazione di come i giovani miliziani si dovranno comportare. La violenza sessuale diventa così il mezzo per incutere terrore ma anche per incentivare i giovanissimi a militare nelle proprie fila. Perché Boko Haram promette così protezione, cibo sicurezza e piacere, in cambio di militanza o anche solo servizi di manovalanza. E purtroppo, sovente, per quei giovani non esiste altro, come  lecita e pacifica alternativa, di questa istruzione, inculcata fra odio e violenza.

E qui sta il nocciolo della questione.

In numerose e popolose regioni del mondo, per giovani, bambini e adolescenti,  si sta imponendo un’educazione a codice binario, attraverso l’indottrinamento forzato e la violenza, il più delle volte subita.  Tutta la realtà è così ridotta, per loro, al contrasto  fra un bene e un male esclusivi.  Non esiste più un ragionamento critico, perché non vi sono alternative a quanto gli è stato insegnato, promesso e soprattutto garantito, come il cibo, la sopravvivenza, il futuro. E per i più piccoli, nemmeno quest’ultimo, perchè sono merce esplosiva da utilizzare per terrorizzare. E’ un destino, se possibile, ancora peggiore di quello riservato da tempo ai bambini soldato di tante regioni africane, dove si viene reclutati o scartati non in base ad un’età anagrafica ma alla capacità o meno di sopportare, in azione, il peso di un’arma e il suo urto di rimando o contraccolpo. Ora è diverso. Nella popolosa, vasta, ricca ma depredata Africa, così come nelle regioni a valenza strategica altissima, come il Centro Asia o parte del Medio Oriente, si educa intere generazioni alla violenza, ad una perversa sacralizzazione di valori religiosi tradizionali, da cui la radicalizzazione e la volontà di morire per essi tramite il martirio. Se ciò non garba, il gruppo agisce. Ecco le stragi, le violenze su donne e bambini destinati a perire o a soffrire per anni di traumi di cui leggiamo scarni resoconti, ma essendo distratti  e preoccupati dalla nostra pur tormentata quotidianità, li ignoriamo o presto li dimentichiamo, senza peraltro renderci conto che nulla di ciò che avviene lontano da noi, in una madrasa afghana o pakistana, o ancora  in un villaggio camerunense, può considerarsi privo di conseguenze nel nostro piccolo mondo. 

 

28/10/2020

Chi sono

Chi sono - Global Trends & Security

Analista di politica e sicurezza internazionale, opero attualmente presso enti privati in Israele, Giordania, Stati Uniti e Venezuela. Ho svolto attività di consulenza sul terrorismo per organismi governativi e privati in Libano, Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Libia, Tunisia, Niger, Messico e Brasile.

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18 febbraio 2022. Uscita del mio volume "Dalla paura all'odio. Terrorismo, estremismo e cospirazionismo", Tangram Edizioni Scientifiche. Trento. " Il volume è il risultato di analisi e operatività sul campo che l’autrice ha condotto negli ultimi due anni circa fenomeni globali legati all’eversione e al terrorismo, sia di matrice islamista jihadista che dell’ultradestra violenta. Vengono analizzati soggetti e dottrine in un contesto di evoluzione delle relazioni internazionali e dei nuovi conflitti ibridi e identitari, in cui il terrorismo è tattica dominante. Sono inoltre delineati i processi, personali e collettivi, di radicalizzazione sia religiosa che politica, da cui derivano educazione e cultura alla violenza. Queste ultime acquisiscono un ampio pubblico attraverso la rete internet, anche nei suoi meandri più oscuri e tramite forme di comunicazione, qui analizzate, che trovano ampio utilizzo da parte delle nuove generazioni di nativi digitali. A ciò si sono aggiunti i toni aggressivi delle più recenti narrazioni cospirazioniste, originate sia da eventi interni a Stati democratici occidentali che da quelli emergenziali da pandemia. A vent’anni dalla paura del terrore proprio dell’11 settembre 2001, si sta procedendo velocemente, quindi, verso un livore generalizzato, a tratti vero e proprio odio, da cui una cultura di violenza politica dai legami transnazionali e che mira all’eversione, con i relativi rischi per la sicurezza nazionale."

  • 24/03/2023 01:08 pm
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