La portata storica degli accordi di Abramo fra Israele e alcuni, e si spera a breve tutti, gli Stati arabi è cosa nota e ampiamente dibattuta dai mass media nelle ultime settimane. Quasi a sorpresa per i media europei ma decisamente meno per quelli mediorientali, si è iniziato con il primo volo ufficiale e commerciale da Tel Aviv a Dubai, il 31 agosto, per poi formalizzare anche con il Bahrein un accordo di pace in questi giorni a Washington. Tanto si è detto e molto è stato criticato: manovra elettorale di Trump, salvagoverno per Netanyahu, presupposto per l’istituzione di una sorta di nuova Nato arabo-israeliana contro l’Iran, ennesima penalizzazione o strumentalizzazione dei palestinesi (per via della decisione ebraica di accettare il blocco di nuovi insediamenti in Cisgiordania, pari al 30% di quel territorio) e molto altro ancora. Tutte critiche dal tono severo, diffidente e sovente negativo, in particolare dagli ambienti intellettuali e da una parte della politica europea. Di fondo, non vi è fiducia nei tre grandi artefici, Trump, il giovane genero Kushner, e il navigato politico Netanyahu. I limiti sarebbero riconducibili alle loro persone: inesperti e poco addentro alla gestione ‘tradizionale’ della politica (se ha ancora un senso parlare di ciò) per quanto riguarda Trump e Kushner; troppo disperato, corrotto ed accentratore (al pari dei rais della regione) il premier Netanyahu.
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Inoltre, non da ultimo, fattori economici stanno inducendo ad una maggior collaborazione Israele e quelle monarchie, da sempre potenze incontrastate nella fornitura di greggio ed ora, fra pandemia e crisi economica mondiale, obbligate a rivedere la loro posizione sul mercato globale. Proprio gli Emirati avrebbero deciso di diversificare il loro modello economico, puntando, come ha fatto Israele, sullo sviluppo del proprio potenziale umano e di quello tecnologico. Insomma, si tratta anche dell’avvio di collaborazioni economiche, commerciali e di ricerca che darebbero una spinta non indifferente a realtà da troppo tempo legate esclusivamente ai provenienti derivanti dal ricco, ma ora troppo penalizzato mercato del greggio. In definitiva, gli accordi di Abramo sono il risultato di un complesso insieme di fattori, come complessa è da sempre la realtà in quella parte di mondo. Per ora rappresentano una svolta epocale, un capovolgimento di approccio dalle evoluzioni sconosciute. Forse per questo motivo disorientano l’osservatore, soprattutto europeo che ancora arranca su vecchi schemi di analisi per dare interpretazioni a nuovi ed inaspettati eventi.