Global Trends & Security Politica internazionale e Sicurezza, di Germana Tappero Merlo
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Guerra in Ucraina. L'Armageddon nucleare, minaccia a prova di dialogo, 16/10/22

Guerra in Ucraina. L'Armageddon nucleare, minaccia a prova di dialogo, 16/10/22 - Global Trends & Security

Esattamente sessant’anni ad oggi, il 16 ottobre 1962, iniziava la crisi per il dispiegamento di missili  balistici sovietici a Cuba fra gli Stati Uniti e, appunto, l’ Unione Sovietica. I primi si sentivano minacciati dalla presenza così prossima al loro territorio dell’ armamento più letale e di maggior precisione del loro antagonista. Una frizione diplomatica così elevata che, seppur rientrata nell’arco di poche settimane,  fece temere lo spettro di una deflagrazione atomica senza via di ritorno, per entrambi i contendenti e soprattutto per i loro alleati dei differenti blocchi. Sull’incompatibilità ideologica prevalse comunque il buon senso, a cui diede un impulso decisivo l’intervento dell’allora pontefice, Papa Giovanni XXIII: i missili  e altro armamento sovietico vennero ritirati da Cuba così come quelli statunitensi dalla Turchia. Sarebbero seguiti numerosi accordi al fine di disinnescare eventuali  tensioni attinenti allora  alla logica di confronto della Guerra fredda. 

Proprio i motivi di  quella crisi sono stati più volte rievocati da parecchi osservatori internazionali all’inizio dell’ attuale operazione speciale russa in Ucraina come una  delle ragioni di Putin, perché un’eventuale adesione ucraina alla Nato – come desiderato dalla presidenza Zelensky -  sortirebbe per la Russia lo stesso effetto di minaccia al proprio “cortile di casa”, come percepito allora dall’amministrazione statunitense del Presidente J.F. Kennedy. Le ragioni addotte da Putin sono comunque anche molte altre, risalenti ad una crisi ben più datata, e già perfettamente note all’opinione pubblica mondiale. 

Per una infausta combinazione di eventi, proprio in questi giorni il possibile ricorso  ad un utilizzo del nucleare come conseguenza dell’escalation del conflitto in Ucraina è stato minacciato, dopo essere stato preannunciato nei mesi scorsi da Putin,  frettolosamente ritirato e poi nuovamente rilanciato anche da parte occidentale,  tanto da far affermare al presidente Biden (ironia della sorte, non solo democratico ma anche cattolico come J.F. Kennedy) di essere a rischio di Armageddon, l’ Apocalisse nucleare[1]. La retorica distopica statunitense ha trovato una camera d’eco formidabile in chi, da questa parte del mondo, sostiene che sarebbe possibile un ricorso da parte di Putin alle armi nucleari tattiche (TNW), con il loro potenziale distruttivo ridotto,  come  pure per ritorsione da chi sostiene la difesa dell’Ucraina. Insomma, il rischio di deflagrazione nucleare c’è, è colpa di Putin ma, tranquilli, con le armi nucleari tattiche i danni sarebbero limitati geograficamente.

A costoro, a quanto pare, sono ignoti i risultati di quell’esercitazione di war-game voluta dal presidente Ronald Reagan che, nel 1983, a fronte della sciagurata convinzione di alcuni strateghi del Pentagono che parlavano di “escalation to de-escalation”, ossia puntare ad un confronto  anche nucleare a bassa potenza  con il nemico a fini deterrenti, ordinò appunto la simulazione Proud Prophet[2]. In pratica, vennero riprodotte azioni e reazioni sulla base delle reciproche logiche di guerra, statunitensi e del nemico sovietico, mettendosi ciascuno nel ruolo della controparte, senza  conoscerne anticipatamente i piani, nei tempi ristretti e con la tensione fisica propri di un vero campo di battaglia, per quanto possibile in una simulazione a tavolino. I risultati furono chiari e raggelanti ogni speranza di chi voleva vie di fuga facili dall’Apocalisse nucleare: infatti, l’uso di armi nucleari tattiche avrebbe solo rimandato, e nell’arco della stessa crisi, il confronto atomico finale. 

Si potrebbe replicare che non era necessario risuscitare i fantasmi di una presidenza così lontana: basta il buon senso, scevri quindi dal fanatico quanto temibile militarismo che pare abbondare anche negli alti livelli della politica in Europa, per comprendere oggi il rischio di una tale deriva. Infatti, il buon senso non è così scontato in    strateghi e analisti ma soprattutto in parecchi commentatori militari, in particolare da questa parte di mondo che continua ad illudersi di non essere parte attiva e diretta in quella guerra. Il risultato del prospettare l’uso del nucleare, infatti, è solo quello di aggiungere benzina a una tensione bellica fra Russia e Ucraina, notevolmente aumentata in questi giorni dopo l’esplosione sul ponte Kerch[3] e la risposta-rappresaglia russa di bombardamento massiccio di numerose città ucraine, oltre la stessa Kiev. Quindi alle condizioni attuali del conflitto, il rischio è solo quello di aumentare la tensione che conduce a proporre  cose scriteriate, come test nucleari dimostrativi in aree come quella artica, ad esempio[4].  E se a inizio settimana il segretario generale della Nato, J. Stoltenberg, parlava di possibili esercitazioni di deterrenza nucleare da tenersi a partire già da ora, con la simulazione di un attacco nucleare utilizzando B-52,  non è bastato che i satelliti  rivelassero l’arrivo  di altri bombardieri in una base russa vicino al confine con la Norvegia per far cambiare i toni anche di chi, irriducibile e divisivo all’interno della Nato, non escludeva il possibile ricorso a TNW. Ne era seguita una lettera di intenti su un accordo per l’acquisto di sistemi di difesa aerea Arrow 3 (Israele) e Patriot (Usa) firmata da 14 Paesi, quindi non da tutti i membri del Patto Atlantico. Si registrava, infatti,  una frenata dal punto di vista diplomatico dato che, secondo il segretario alla Difesa US, Lloyd Austin, Ungheria e Turchia stanno ritardando il coinvolgimento della Finlandia e della Svezia nella Nato, da cui il pressante invito  statunitense ad accelerare la ratifica dei protocolli d’intesa[5].Al dietro-front sulle TNW (anche russo nelle parole di Lavrov, “solo in caso di annientamento della Russia”, e di Lukashenko, “solo atto difensivo”) non è corrisposto comunque un allentamento della tensione, quasi a soddisfare il fanatismo russo e l’arroganza, questa volta, di numerosi invasati nostrani. 

L’attacco mirato al ponte Kerch, siglato da Putin come atto terroristico perché atto di sabotaggio contro un’infrastruttura civile, ha introdotto brutalmente il termine “terrorismo”, appunto, in questa guerra, da cui l’affermazione del falco Medvedev secondo cui la reazione non può essere che “la distruzione diretta” dei terroristi. Toni duri da propaganda, forse, dato che voci di intelligence occidentale parlano di una Russia ormai a scarsità di uomini e materiali. Questa è però la guerra, che è molto oltre l’operatività nei domini tradizionali di terra, cielo e mare: è anche informazione, controinformazione, terrorismo sul campo – tattica ormai pressoché dominante in tutti gli scenari bellici -  con attacchi mirati  a forte impatto psicologico, anche nel dominio meno evidente ma comunque ora molto guerreggiato in altri modi, che è quello cyber[6].

Il terrorismo, inoltre, è per sua natura una tattica di annichilimento psicologico dei civili. Infatti, lo si è visto nella risposta russa a Kerch, con gli attacchi mirati, condotti con lancio di missili da crociera, in profondità del territorio ucraino, con un 30% delle infrastrutture energetiche ucraine colpite dai russi. Al terrore su Kerch si è risposto, quindi, col terrore nelle città ucraine e, di rimando, la replica di Kiev, forte ormai di oltre 17 miliardi di dollari di sostegno bellico statunitense, su quella russa di Belgorod;  e si sta ancora  bombardando su entrambi i fronti. Perché questa è la logica di chi vuole l’annientamento del nemico. Lezione che dovrebbe valere anche per i fautori dell’uso di TNW.

Attacchi russi mirati, anche di successo,  attraverso missili tattici operativi ad alta precisione (X-55 e X-101, Tornado, Calibre e Iskander) e grazie alla dotazione di droni suicidi Shahed-136 e Mohajer-6 di fabbricazione iraniana. E se l’Iran nega il coinvolgimento, fonti ucraine sostengono che vi siano militari iraniani in Crimea e a Kherson al servizio di quelli russi proprio al fine di istruire all’uso di quei droni. Notizia confermata dall’intelligence inglese (che asserisce altresì che 10mila soldati ucraini hanno completato l’addestramento militare proprio nel Regno Unito)[7] e da un funzionario senior di quella israeliana che, in un’intervista a The New York Times[8], ha affermato che Israele fornisce informazioni di intelligence sull’operatività di questi droni suicidi venduti da Teheran a Mosca (fonti ucraine parlano di 2400 unità), così come immagini satellitari.  

Ed è proprio l’Iran, scosso da una dura protesta popolare interna e con  fronti di massiccia repressione militare nuovamente aperti nei suoi Kurdistan (nord-ovest)[9]  e Beluchistan (sud-est), entrambi dalle aspirazioni separatiste, ad essere protagonista nei più recenti report occidentali  sulla guerra in Ucraina, a fianco della Russia in un sodalizio che li vede da sempre alleati in Siria a sostegno del regime di Assad. E proprio gli spettri di una guerra siriana mai finita paiono aleggiare in quella ucraina; come, parimenti,  la recente adesione dell’Iran alla Shangai Cooperation Organization[10] è stata intesa, per i suoi nemici, come uno sgarbo da pagare, da cui il supporto esterno alle proteste, peraltro fondate e nate spontaneamente, dei giovani iraniani contro il regime degli Ayatollah e lo strapotere delle milizie Basij. Inoltre, i timori di una nuova corsa al nucleare iraniano[11] alimentano le preoccupazioni  di altri soggetti nella regione, con conseguenti  reazioni sui campi di battaglia, come appunto l’Ucraina, o nel coalizzare l’opposizione verso Iran della  repressione e della guerriglia urbana. Perché, nelle complesse relazioni internazionali di questo nuovo millennio, tutto è globalmente e drammaticamente connesso. Nulla è a sé stante. Ed è così che si ritorna al punto di partenza di queste riflessioni. Per quanto la si voglia allontanare, la minaccia di un Armageddon  nucleare finisce per influenzare le reazioni della politica più di ogni altra azione militare convenzionale, ma come pure quelle di buon senso e rivolte al dialogo. Sembra essere ancora una volta la prepotenza dei mezzi bellici a prevalere sull’ incostanza della  ragione per scacciare i timori che sopravvivano i propri nemici, anche di questa parte di mondo.

 



[1] https://www.nbcnews.com/politics/joe-biden/biden-warns-risk-nuclear-armageddon-highest-cuban-missile-crisis-rcna51146

[2] P. Bracken, The Second Nuclear Age: Strategy, Danger, and the New Power Politics, New York 2012; https://nsarchive.gwu.edu/briefing-book/nuclear-vault/2016-12-22/reagans-nuclear-war-briefing-declassified#_edn9

[3] https://www.laportadivetro.com/post/attentato-ponte-di-crimea-primi-arresti-sono-cittadini-russi-e-ucraini

[4] Ed è quanto temuto da Nicolai Sokov, del centro per il disarmo e la non-proliferazione nucleare di Vienna, in una intervista a EuroNews già ad inizio ottobre. Nell’Artico, infatti, convergono gli interessi strategici di Russia, Stati Uniti e Canada, ma anche di due Paesi europei e Nato,  come Danimarca e Norvegia. https://www.youtube.com/watch?v=qkIYSKO3w7M

[5] https://twitter.com/nexta_tv/status/1580658803057790976?ref_src=twsrc%5Etfw

[6] https://casstt.com/post/cyber-element-in-the-russia-ukraine-war-its-global-implications/704

[7] https://twitter.com/nexta_tv/status/1580244637284900864?ref_src=twsrc%5Etfw

[8] https://www.nytimes.com/2022/10/12/world/europe/ukraine-russia-missile-defense.html

[9] https://www.open.online/2022/10/11/iran-kurdistan-sanandaj-repressione-proteste-mitragliatrici-vs-persone-case-video/

[10] https://www.laportadivetro.com/post/il-grande-gioco-della-sco-per-un-nuovo-ordine-mondiale

[11] La terza delle tre centrifughe avanzate IR-6 a cascata, recentemente installate nell’impianto iraniano di Natanz, è entrata in funzione.

 

La Porta di Vetro, Editoriale della Domenica

Chi sono

Chi sono - Global Trends & Security

Analista di politica e sicurezza internazionale, opero attualmente presso enti privati in Israele, Giordania, Stati Uniti e Venezuela. Ho svolto attività di consulenza sul terrorismo per organismi governativi e privati in Libano, Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Libia, Tunisia, Niger, Messico e Brasile.

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18 febbraio 2022. Uscita del mio volume "Dalla paura all'odio. Terrorismo, estremismo e cospirazionismo", Tangram Edizioni Scientifiche. Trento. " Il volume è il risultato di analisi e operatività sul campo che l’autrice ha condotto negli ultimi due anni circa fenomeni globali legati all’eversione e al terrorismo, sia di matrice islamista jihadista che dell’ultradestra violenta. Vengono analizzati soggetti e dottrine in un contesto di evoluzione delle relazioni internazionali e dei nuovi conflitti ibridi e identitari, in cui il terrorismo è tattica dominante. Sono inoltre delineati i processi, personali e collettivi, di radicalizzazione sia religiosa che politica, da cui derivano educazione e cultura alla violenza. Queste ultime acquisiscono un ampio pubblico attraverso la rete internet, anche nei suoi meandri più oscuri e tramite forme di comunicazione, qui analizzate, che trovano ampio utilizzo da parte delle nuove generazioni di nativi digitali. A ciò si sono aggiunti i toni aggressivi delle più recenti narrazioni cospirazioniste, originate sia da eventi interni a Stati democratici occidentali che da quelli emergenziali da pandemia. A vent’anni dalla paura del terrore proprio dell’11 settembre 2001, si sta procedendo velocemente, quindi, verso un livore generalizzato, a tratti vero e proprio odio, da cui una cultura di violenza politica dai legami transnazionali e che mira all’eversione, con i relativi rischi per la sicurezza nazionale."

  • 29/01/2023 06:22 am
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