Global Trends & Security Politica internazionale e Sicurezza, di Germana Tappero Merlo
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Venti di guerra per le acque del Nilo?, 3/3/2020

Venti di guerra per le acque del Nilo?, 3/3/2020 - Global Trends & Security

“Senza Nilo non c’ è Egitto”. Da secoli, infatti l’Egitto fa ciò che vuole di quel fiume, che gli ha permesso di costruire antichi imperi e moderne repubbliche. Qualcosa, però, sta ora cambiando e l’allerta è così grande che volano accuse e minacce di guerra con L’Etiopia. Quest’ultima, infatti, sta concludendo la costruzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), la più grande diga africana per l’energia idroelettrica (un progetto da 4,5 miliardi di dollari) sulle acque del suo Nilo Azzurro, con inevitabili ripercussioni a valle, lungo tutto il tratto sudanese ed egiziano. A luglio prossimo, l’Etiopia procederà al riempimento del bacino delle dimensioni, all’incirca, dell’area urbana di Londra. L’Egitto trema e la diga è diventata il centro delle sue ansie idriche. Lungo il Nilo vive infatti il 95% della sua popolazione, fra villaggi, città e zone portuali all’estuario, che cresce di 1 milione di persone ogni 6 mesi, con una concentrazione urbana al Cairo di difficile controllo e gestione, tanto  che al-Sisi ha già annunciato la creazione di una città amministrativa (della portata di 18 milioni di abitanti) proprio in  una zona  totalmente desertica, ma lungo il Nilo, ovviamente, per alleggerire la vecchia capitale. Una presenza importante (si stima avrà 40 milioni di persone nel 2050) con inevitabile sfruttamento intensivo delle acque del Nilo.

Già ora, però, tutta la ricchezza dell’Egitto è concentrata lungo quel fiume e, per il traffico marittimo,  nel Canale di Suez: due punti fermi, strategici economicamente che, se a rischio, Il Cairo non esita a difendere con le armi. Lo hanno dimostrato i documenti che riportano la volontà già dell’ex presidente egiziano Morsi di agire con azioni di sabotaggio o addirittura con bombardamenti aerei per impedire la costruzione della diga etiope. Avviata proprio nel 2011, a Primavere arabe appena iniziate, il Cairo era distratto da altre priorità per intraprendere trattive con l’Etiopia e contenere i disagi futuri del nuovo progetto, per cui la sua risposta poteva e doveva essere immediata ed  armata. Fermato Morsi per tutt’altri motivi, le sue bellicose intenzioni contro l’Etiopia sfumarono.

La GERD è invece sinonimo di grande ricchezza per l’Etiopia. È  la possibilità di vendere energia elettrica ai vicini; è simbolo della sua rapida ascesa come fra le più rilevanti delle potenze economiche africane; ha una valenza politica immensa perché la realizzazione della GERD alimenta altresì il patriottismo e combatte radicate paure, come la povertà. Sostiene anche la fiducia di quel popolo per  una nuova e giovane classe dirigente nella persona del suo premier Abiy Ahmed Ali, già premio Nobel per la pace nel 2019 per l’accordo (seppur al momento ancora traballante) sui confini con l’Eritrea dopo anni di guerra. Anche se di pace, nelle sue ultime dichiarazioni sulla GERD e l’Egitto, non vi è affatto traccia. Sebbene al-Sisi  abbia dichiarato di voler ricercare una soluzione pacifica, il premier Abiy lo accusa di invio di armi (documentati da report di agenzie dell’Onu) al governo del Sud Sudan – con cui condivide le preoccupazioni circa una riduzione delle acque del Nilo - al fine di fomentare proteste antigovernative e ribellioni armate nel territorio etiope. Il Cairo nega ogni accusa, ma è  solo l’inizio di un altro confronto di quel Great Game che si sta giocando proprio nel Corno d’Africa, e già da tempo. Un gioco da cui non sono esenti Cina, Emirati Arabi e Stati Uniti, dove l’Etiopia, con i suoi 100milioni di abitanti e in forte crescita economica, ha un ruolo strategico fondamentale.

Un gioco che dovrà tenere conto del progressivo aumento demografico del continente africano, dello sfruttamento, spreco e abuso delle sue enormi ricchezze (le acque del Nilo, in terra egiziana, sono inquinate da flussi fognari e l’ immondizia naviga nei canali di irrigazione), così come dei cambiamenti climatici che, con l’aumento delle temperature, contribuiscono ad accrescere il livello del mare tanto da erodere spiagge e spingere le acque salate all’interno, compromettendone  quelle dolci e inaridendo  di conseguenza, porzioni di terre fertili. Tutto ciò fa presagire, in quella parte di Africa, carenze idriche importanti dal 2025.

Ecco che il rischio di stress idrico in aree strategiche trasforma le acque in un’arma di ricatto e la minaccia di una guerra per  il loro controllo una evenienza non così remota. E non sarebbe la prima volta, perché per l’accesso alle acque si sono combattute e si combattono tuttora le guerre. Negarlo è ignorare la storia. Prenderne coscienza è solo precorrere i tempi. 

 

in "La Porta di Vetro", 3/3/2020

Chi sono

Chi sono - Global Trends & Security

Analista di politica e sicurezza internazionale, opero attualmente presso enti privati in Israele, Giordania, Stati Uniti e Venezuela. Ho svolto attività di consulenza sul terrorismo per organismi governativi e privati in Libano, Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Libia, Tunisia, Niger, Messico e Brasile.

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18 febbraio 2022. Uscita del mio volume "Dalla paura all'odio. Terrorismo, estremismo e cospirazionismo", Tangram Edizioni Scientifiche. Trento. " Il volume è il risultato di analisi e operatività sul campo che l’autrice ha condotto negli ultimi due anni circa fenomeni globali legati all’eversione e al terrorismo, sia di matrice islamista jihadista che dell’ultradestra violenta. Vengono analizzati soggetti e dottrine in un contesto di evoluzione delle relazioni internazionali e dei nuovi conflitti ibridi e identitari, in cui il terrorismo è tattica dominante. Sono inoltre delineati i processi, personali e collettivi, di radicalizzazione sia religiosa che politica, da cui derivano educazione e cultura alla violenza. Queste ultime acquisiscono un ampio pubblico attraverso la rete internet, anche nei suoi meandri più oscuri e tramite forme di comunicazione, qui analizzate, che trovano ampio utilizzo da parte delle nuove generazioni di nativi digitali. A ciò si sono aggiunti i toni aggressivi delle più recenti narrazioni cospirazioniste, originate sia da eventi interni a Stati democratici occidentali che da quelli emergenziali da pandemia. A vent’anni dalla paura del terrore proprio dell’11 settembre 2001, si sta procedendo velocemente, quindi, verso un livore generalizzato, a tratti vero e proprio odio, da cui una cultura di violenza politica dai legami transnazionali e che mira all’eversione, con i relativi rischi per la sicurezza nazionale."

  • 24/03/2023 01:44 pm
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